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Educazione motoria

Due minuti e ventisette secondi

Due minuti e ventisette secondi: ricordatevi di questo tempo, che servirà per dopo.

Quando sono diventato loro insegnante, erano tutti dei bruscolini indisciplinati che baldanzosi affrontavano la classe seconda. Ricordo che l’ora di motoria era per ognuno dei miei nuovi alunni motivo sia di gioia che di frustrazione. Era infatti percepita come una ricreazione aggiuntiva, non come una reale materia scolastica: questo comportava avere a che fare con il gioco ed il divertimento, ma anche con molti conflitti e litigi derivanti da un’attività ludica prolungata e per loro senza un fine chiaro. L’anarchia è una cosa bella, ma se non si sa cosa fare di buono per sé e gli altri allora può diventare un incubo. La confusione totale che regnava negli spogliatoi era lo specchio dell’importanza che i frugoletti di seconda davano a quanto sarebbe stato trattato durante la lezione in palestra: scarpe ovunque, borse da ginnastica lasciate al centro dello spogliatoio, maglie buttate a casaccio sulle panche, grembiuli e casacche abbandonati un po’ dove capitava, …

La situazione andava cambiata.

Personalmente, ritengo che l’ora di motoria sia l’unico momento della vita scolastica in cui si possano far emergere emozioni e caratteristiche personali dei bambini che altrimenti resterebbero assopite o nascoste tra i banchi di scuola. In classe, anche nei lavori di gruppo, il bambino è confinato per ore in una “zona franca” che è il suo banco. I contatti con gli altri sono ridotti, perlopiù verbali. Vengono garantite distanze che non esistono nel mondo reale e perciò occorre che in un ambiente tutelato e sicuro si sperimenti la loro assenza. L’ora di ginnastica può essere inoltre utile a tirare fuori lati della personalità e a sviluppare schemi di pensiero pratico che possono essere poi importantissimi anche nelle altre materie scolastiche, così come nell’ambito relazionale e sociale, nella scuola e al di fuori di essa. A tal proposito, mi viene di nuovo in mente la sfida di corsa tra Anna e Irene, avvenuta lo scorso anno, dove entrambe hanno lasciato a bocca aperta sia me che i loro compagni: dieci minuti buoni di corsa, tra astuzie e sacrificio, facce paonazze e fiatone, muscoli tesi e sudore, che hanno portato alla luce del sole rivalità, orgoglio, voglia di vincere, ma anche complicità, amicizia e rispetto. Una sfida epica, che nemmeno tra grandi sportivi alla televisione ho mai potuto vedere finora, culminata con un abbraccio liberatorio tra vincitrice e sconfitta e lo scrosciare di un applauso generale. In quei momenti, incredulo, avrei voluto essere un telecronista con operatore al seguito per immortalare quel miracolo cui stavamo tutti assistendo. Una sfida che le ha cambiate. In meglio. Una ha trovato una degna rivale; l’altra ha capito che può puntare ad essere la migliore senza essere la seconda di nessuno. Entrambe hanno trovato una preziosa amica.

Lasciar scorrazzare per un’ora gli studenti per la palestra “a prendere aria”, senza avere dei momenti finemente strutturati in cui si propongono esercizi e se ne illustrino le finalità, non porta a nulla. A partire dalla classe seconda ho quindi iniziato via via a fornire ai miei studenti quanto necessario per raggiungere:

  • l’autonomia organizzativa,
  • il controllo del proprio corpo,
  • una prima educazione ad una vita sana ed equilibrata,

al fine di scolpire a poco a poco quel blocco di marmo che ora – ancora al grezzo – lascia intravedere come sarà la loro personalità adulta.

Per prima cosa ho preteso che negli spogliatoi vi fosse ordine, pena l’impossibilità di iniziare la lezione. Ho giustificato la mia richiesta con validi motivi, colti dagli studenti perchè condivisibili e non frutto di un’imposizione illogica: bisogno di non avere intralci alle vie di fuga in caso di emergenza (incendio, terremoto, …); diminuzione del rischio di perdere le proprie cose o di trovarsele danneggiate da altri; decoro e decenza, perché altre classi sarebbero potute arrivare a cambiarsi prima che la nostra avesse finito la lezione; eccetera.

Secondariamente, ho diviso la lezione in due momenti: una parte tecnica e incentrata su attività motorie quali esercizi di riscaldamento, stretching, resistenza allo sforzo e via discorrendo; una parte dedicata a delle sfide e al gioco finale. Al termine della lezione ho chiesto agli studenti di salutare e ringraziare i propri compagni, per incentivare il fair play.

Durante le prime lezioni ci è voluto molto tempo affinché gli spogliatoi fossero presentabili. Non era poi semplice riuscire a farsi ascoltare da tutti durante le spiegazioni degli esercizi. A volte non venivano rispettate le regole dei giochi ed il saluto finale era ancora una formalità e poco sentito.

Più le attività proposte hanno iniziato a diventare per gli studenti interessanti e più accresceva la loro voglia di fare educazione motoria non per il solo gioco, ma perché avevano capito che si stava insegnando loro a superare i propri limiti.

Ecco allora che le sfide individuali o a squadre hanno cominciato a stimolare e a dare i loro frutti, grazie a competitività verso sé stessi e gli altri, senza grandi frustrazioni. Infatti l’esecuzione e le spiegazioni degli esercizi fatti durante la parte tecnica hanno iniziato ad essere oggetto di maggiore attenzione da ogni studente, ognuno consapevole che sarebbero state utili come allenamento per vincere le sfide proposte nella parte di lezione successiva. Le vittorie sono state celebrate senza troppi fasti; le sconfitte sono state presentate come occasione per riflettere su cosa si sia sbagliato e buon punto di partenza su cui lavorare per le prossime lezioni.

Non posso di certo dire che ad oggi il percorso di crescita dei mie studenti sia terminato, ma a giudicare dal loro comportamento in palestra e da come lasciano gli spogliatoi in ordine, direi che sono sulla buona strada. Ricordate i due minuti e ventisette secondi che vi avevo detto di tenere a mente all’inizio del racconto? Bene. È il tempo esatto che hanno impiegato oggi le alunne della classe quinta per cambiarsi, uscire dallo spogliatoio e lasciarlo come lo vedete in foto.

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